
Ricordo le guardie di Pediatria al pronto soccorso in ospedale, che ho fatto fino a pochi anni fa. Spesso penso a un detto: c’è differenza tra quello che uno dice, quello che l’altro sente, quello che ascolta realmente e quello che infine comprende. Poco a poco ho capito che nel rapporto medico paziente è proprio così. Soprattutto nel caso dei bambini, in cui il paziente non è il bimbo ma tutta la famiglia: sono i genitori i responsabili di capire la malattia o il sintomo, di dare il trattamento e di accompagnare il bimbo alla guarigione.
Prendiamo un esempio comune: le bronchiti dei primi anni di vita (i primi episodi nel primo anno si chiamano bronquioliti, li userò come sinonimi per semplificare). La gravità di una bronchite si definisce in base a parametri standard come la frequenza respiratoria, la presenza di tirage eccetera, parametri clinici che valutano quanto sforzo sta facendo l’organismo per far entrare una quantità sufficiente di ossigeno ed espellere sufficiente andiride carbonica per assicurarsi un funzionamento efficiente.
Il medico, una volta accertatosi che la bronchite è lieve, da il trattamento con broncodilatatore inalato o nebulizzato (il più usato è il salbutamolo) e manda la famiglia a casa.
La realtà, però, è più complessa di così: un bimbo piccolo con bronchite spesso mangia meno, non riesce a riposare, e non sopporta la mascherina che è indispensabile per amministrargli il broncodilatatore. Molte bronchiti si complicano (peggiorano) per questo tipo di fattori: il piccolo quando i genitori gli mettono la mascherina inizia ad agitarsi, non la tollera, piange disperatamente, il pianto di per sè aumenta lo sforzo respiratorio perchè aumenta la necessità di ossigeno, i genitori impietositi non riescono a dargli il salbutamolo in modo adeguato, di sera poi quando è più nervoso perchè è stanco non ci provano nemmeno, ed ecco come senza trattamento la bronchite peggiora. Quante volte nelle malattie, dalle più banali a quelle più serie, elementi di questo tipo influiscono sulla guarigione? Quanti casi di peggioramento fino alla necessità di ricovero si potrebbero evitare dedicando più tempo alla visita, ad ascoltare i dubbi e le preoccupazioni della famiglia, accertandosi se hanno capito come dare la medicina?
Nei bambini ogni malattia, cosí come lo stato di salute, hanno tanti componenti, ancor più che negli adulti: c´è la fisiopatologia, cioè il processo fisico alla base del problema, c’è poi la reazione del bimbo al fastidio o ai limiti dati dai sintomi fisici, con elementi psicologici e altri emotivi, c’è ancora la reazione dei genitori, che può essere diversa tra padre e madre, e tutti questi elementi con le loro interazioni influiscono sul processo di cura e guarigione.
Nell’epilessia, ad esempio, la prima causa di mancata risposta al trattamento è proprio che si sta amministrando male il trattamento stesso (si parla di scarsa o cattiva aderenza).
Così come per il medico non è facile nè scontato saper ascoltare i genitori o il paziente, per i genitori spesso non è facile capire il bambino e tener conto i molteplici fattori che stanno alla base di un malessere, un problema o un disagio.